Descrizione
POSIZIONE GEOGRAFICA
Levigliani è il paese più alto di tutta la Versilia, situato nella valle di Cansoli che nasce dal monte Corchia fino ad arrivare al paesi di Ruosina. I luoghi del paese si chiamano: Lambora, Lappiatra, Le Piane, Marzocchino, Mulino, Vignali, Zeppolino, Cupola, Strecchio, Metato.
STORIA
Furono gli Apuani, popolazione di stirpe ligure, i primi abitatori dei nostri territori. Levigliani costituiva l'avamposto ligure più importante del III° secolo a.C., dominato dalla necropoli delle Piane Alte, costituita da tombe a cassetta raccolte in gruppi di piccole unità, disposte sotto rudimentali cumuli rivenuti presso l'abitato. Nel II° sec. a.C. aggrediti dai Romani e dopo aspre lotte, la fiera stirpe degli Apuani, nostri antenati, furono sconfitti e deportati nel Sannio. I territori furono colonizzati dai Romani (siamo nel 180 a.C.) a motivo dello sfruttamento minerario e marmifero. Il suo nome deriva dal latino Laeviluis o Levilianum, probabilmente uno dei coloni condotti a Levigliani dai romani dopo la deportazione dei Liguri-Apuani. Nel Trecento Levigliani, insieme a Terrinca, era considerato uno dei paesi più evoluti dell'Alta Versilia, se si considera il fatto che lo statuto della Repubblica di Lucca nel 1308 stabiliva che i due borghi dovessero versare, nel giorno di Santa Croce, un cero di otto libre alla città di Lucca. Da documenti risalenti al 1347 Terrinca e Levigliani che per la vicinanza si trovarono ad abitare e lavorare su territorio comune, erano tuttavia indipendenti. Nel 1484 Stazzema comprendeva nella propria Vicaria quasi tutte le frazioni dell’alta Versilia compresi Levigliani e Terrinca. Tale Vicaria passata al Capitanato di Pietrasanta non perdette i benefici acquisiti per i suoi territori nel 1484. Verso il 1540 Cosimo I stipulò un contratto fra i territori di Terrinca e Levigliani per acquisire in quelle proprietà e dietro pagamento, il diritto di far carbone. Il consolidamento della proprietà dei beni comuni agli abitanti di Levigliani aventi diritto, ha subito un lunga evoluzione fino ad dare origine al Comunello, la cui interessante storia si potrà leggere in questo sito nella pagina espressamente dedicata a questo argomento. Ci limitiamo qui a tracciare una breve sintesi conclusiva della vicenda. L’ istituzione del Comunello, nonostante risalga al 1794, è ancora oggi molto sentita dagli abitanti di Levigliani. Nel 1793 furono censiti i terreni limitrofi al paese appartenenti al Gran Duca Ferdinando III che 67 capi famiglia abitanti in Levigliani acquistarono. I piccoli appezzamenti di terreno venduti a ogni capo famiglia, per volontà degli stessi acquirenti, costituirono un unico bene. Fu cosi stabilito che ogni componente delle 67 famiglie vantava uguali diritti di sfruttamento sul terreno diventato di comune proprietà. Tale diritto è passato agli abitanti di Levigliani discendenti da tali famiglie fino ai giorni nostri. Attualmente i Beni Comuni sono gestiti da una Commissione formata da un Presidente e sei Consiglieri rinnovata ogni tre anni con l’incarico di amministrare e gestire i Beni Comuni nell’interesse della Comunità.
LEGGENDE
LEGGENDA DELL'ANTRO DEL CORCHIA
In una località chiamata “Inferno” si aprono molte grotte, una delle quali si chiama "l’antro del Diavolo", perché sul soffitto si trovano due fori che la leggenda dice siano l’impronta delle sue corna.
In un’altra caverna, conosciuta come la “Tana dell’omo Selvatico”, si trova un enorme cavallo “stampato” su una concrezione calcarea con lo sguardo fisso in un punto della grotta. La leggenda dice che chi riesce a identificare il punto esatto in cui il cavallo guarda , troverà un lapislazzulo ed un filone d’oro. Altri invece sostengono che il cavallo sia un animale messo a guardia di un tesoro nascosto e che si svegli appena qualcuno riesce a trovare il prezioso bottino.
LEGGENDA DELL'OMO SELVATICO
Vicino a Mosceta, tra il monte Corchia e la Pania della Croce, si trova la Buca dell’Omo Selvatico. Era credenza diffusa che lì abitasse un uomo dalle strane abitudini: era triste quando era bel tempo, mangiava la buccia dei frutti e gettava via la polpa. Infine lavorava quando il tempo era brutto e si riposava col sole. Se ne stava rimpiattato per i boschi e calzava scarpe fatte di corteccia d’albero. Vestiva un mantello di pelliccia e si cibava di erbe selvatiche. Un giorno l’Uomo Selvatico fu convinto dai pastori ad andare ad abitare con loro. Lo convinsero con molta fatica, ma ne guadagnarono preziosi suggerimenti. Per esempio l’Uomo Selvatico insegnò loro a fare il burro ed il formaggio ed essi non volevano lasciarlo andare più via, nella speranza che potesse insegnare loro qualcosa di più. L’Uomo Selvatico svelò ancora molti segreti e quando i pastori si convinsero che ormai non c’era più niente da imparare gli dissero che sarebbe potuto tornare nella sua terra, tanto loro non ne avevano più bisogno. L’Uomo Selvatico se ne andò ma prima volle dire quanto fossero stati stupidi perché l’avessero fatto rimanere ancora un giorno, gli avrebbe insegnato a fare l’olio. Se ne andò e nessuno da quel giorno l’ha visto di nuovo.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Giannelli, Giorgio Almanacco Versiliese, Edizioni Versilia Oggi, 2001-2008, vol. 1, 3 (vedi voci “Chiese e oratori”, “Levigliani”)