Descrizione
POSIZIONE GEOGRAFICA
Il paese è situato tra ampie vallate di castagneti da cui si possono godere stupendi panorami sui monti delle Apuane. Offre stupendi panorami: con un solo colpo d’occhio, possono essere ammirati i monti più belli delle Apuane (Matanna, Procinto, Forato, Pania Secca, Pania della Croce, Corchia) posti in semicerchio a Nord ed Est, mentre a Sud, con 40-50 minuti di cammino può essere raggiunto il Monte Gabberi (1108 m. s.l.m. e naturale terrazza sul mare) dove la vista spazia dal Golfo della Spezia a Livorno e fino all’isola della Gorgona. Il paese si compone dei borghi Fillungo, Piastre, Broto, Cerro e Crociale.
STORIA
Come cita il Repetti il nome del paese “ebbe forse origine dalla farnia (o farnea, una specie di quercia a foglie caduche)”. Il Santini, polemizzando con quanti farebbero derivare il nome dal Locus Feroniae di Tolomeo, si pone la domanda se Farnucle possa derivare da far (bosco) e nucula (nocella) cioè bosco o selva di nocelle. Anche Silvio Pieri pone la località tra i toponimi che derivano da nomi di piante, nel caso specifico farnus. Altri studiosi lo farebbero derivare da fania, albero ad alto fusto che gli antichi preferivano perché tenevano lontani i fulmini. Giuseppe Bertelli, a proposito dell'etimologia, ricorda che una leggenda paesana, vorrebbe che Farnocchia derivasse da una mitica regina Farnese, che avrebbe vissuto nel castello che sorgeva in località Cerro, a ovest della chiesa di S. Michele Arcangelo. Mario Lopes Pegna inserisce Farnocchia tra i borghi preromani, tesi confermata anche da Bruno Antonucci con radici al tempo dei Liguri-Apuani. Nei monti circostanti, venne ritrovata, intorno alla metà del Settecento, una tessera di riconoscimento di metallo di epoca romana con un'incisione forse indicativa del numero di uno degli operai che lavorava alle miniere.
Secondo un documento dell'archivio arcivescovile di Lucca, la più antica menzione di Farnocchia è del 789; altre notizie sono datate 970, 1018 e 1019. Secondo il Santini, tra il 1110 e il 1120 Farnocchia era considerata proprietà degli Antelminelli, in quanto membri della consorteria dei Cattani, Nobili di Corvaia e Vallecchia. Nel 1202 il castello di Farnocchia, che doveva trovarsi tra i borghi Broto, Le Piastre e Cerro, fu distrutto dai lucchesi a causa della loro fedeltà nei confronti dei Cattani e ricostruito quasi subito. Per contrastare la prepotenza di Lucca nel 1225 i farnocchini decisero di stipulare, nella chiesa di Santa Maria Assunta di Stazzema, una Lega con i paesi vicini, garantita dai pisani e dai Nobili di Versilia e della Garfagnana. Dallo statuto della Repubblica di Lucca del 1308 si ricava che Farnocchia, comunello indipendente, era obbligata ad offrire un cero di 10 libbre durante la festa di Santa Croce: da ciò possiamo dedurre che il paese fosse piuttosto ricco, in quanto la cifra era inferiore solo alle offerte di Pietrasanta, La Cappella e Stazzema e superiore a quella di tutti gli altri comunelli. Il comune di Farnocchia era infatti considerato tra i primi 5 dei 35 comuni del Vicariato e comprendeva le frazioni di Sant'Anna e della Culla, nonché le miniere del Bottino, dell'Argentiera di Sant'Anna e del Canal dell'Angina. Verso il 1322 Castruccio Castracani possedeva nella zona alcune miniere e forni fusori. Nel 1349 il territorio del comune di Farnocchia vide anche l'estrazione del piombo argentifero e antimonio dal Bottino e dal Cuor della Vena. Abbondante anche la produzione di ceramica, attestata dagli scavi condotti dal professor Bruno Antonucci nel 1962, durante i quali vennero scoperti frammenti di vasellame in ceramica del Tre-Quattrocento e frammenti appartenenti al Quattro-Cinquecento con stemma gentilizio. Nelle sue ricerche l'Antonucci rilevò che i ruderi di una torre altomedievale vennero scoperti in paese tra l'agosto e il settembre 1972 durante dei lavori sulla piazza della chiesa. Nel 1377 è documentata in un estimo la presenza di una chiesa di San Rossore, detta dell'Argentiera nel circostante monte di Farnocchia laddove si cavava l'argento.
Nel 1442 i lucchesi, pretendendo dai genovesi la restituzione del territorio versiliese assegnato a Pisa e avendo riottenuto solo Motrone, per ritorsione profanarono la chiesa di San Michele Arcangelo. Nel 1477 sorsero delle vertenze con il comune di Camaiore risolte con l'intervento del consiglio municipale di Pietrasanta. Nel 1484, per riconoscenza, gli uomini di Farnocchia aiutarono i pietrasantini durante l'assedio portato contro di loro dai lucchesi e durato 2 mesi. Per ritorsione i lucchesi saccheggiarono e profanarono di nuovo il paese. Altre liti coinvolsero i farnocchini con il comune di Camaiore nel 1514. Nel 1535 in paese erano attivi 5 fabbri, 8 fabbrichieri, un muratore e un bottaio. A Farnocchia era dislocata una postazione delle guardie di sanità, con l'obbligo di contribuire al servizio dei cavalleggeri della costa che avevano il compito di presiedere il litorale e talvolta di stanziare in alcuni paesi della montagna. Nel 1556, su 70 famiglie, ciascuna delle quali possedeva una casa, vi erano 21 vacche, 21 muli e asini e 680 capi di pecore, divise in 18 proprietari con in media 18 capi ciascuno. Nel 1564 il Granduca Cosimo I riattivò l'Argentiera di Farnocchia in località della Cuor della Vena e ordinò di collocare una campana in località Tordiccione. Nel 1568 ripresero le liti di confine, questa volta nei confronti degli abitanti di Retignano. Lo sviluppo del paese è documentato dalla presenza di un'osteria, un macello e una rivendita di pane, gestiti non da privati ma dalla comunità. Tra le spese sostenute nella seconda metà del XVI° secolo vi furono quelle per la riparazione delle strade del Bottino, delle Mulina e di Rossa, quelle per una pila di pietra e una fontana a Compito, una fontana alle Piastre, una pila per abbeverare le bestie al Gabberi, la Fontana di Sotto e la Fontana di Carpigna. Le liti di confine con Retignano ripresero nel 1603 al punto che, quattro anni dopo, gli uomini di entrambi i paesi, più quelli di Pomezzana, Ruosina e Gallena, vennero processati per vicendevoli incendi. Le divergenze continuarono e gli ambasciatori della comunità di Farnocchia furono costretti a recarsi fino a Firenze dal Magistrato dei Nove per cercare di comporre la vertenza, che si poté definire soltanto trent'anni dopo. A conferma della bellicosità dei rapporti con i comunelli vicini, il Santini sostiene che nel 1622 Farnocchia era difesa da 11 soldati armati e 24 archibugieri, aumentati 3 anni dopo rispettivamente a 29 e a 32. Nel 1636 venne rassettata la strada che dalle Mulina conduceva alle cave di bardiglio alla Fontana, sotto la Polla del Sambuco. Nel 1659 venne costruita la fontana la cui pila è attualmente sulla piazza della chiesa. Di quel periodo sono anche le delibere per la manutenzione sulle fontane del Pozzetto, della Scalocchia, del Voltatoio, di Doccia, di Sotto e del Gamello, segno questo che il paese abbondava di acque ben distribuite. Nel 1670 venne edificata la casa comunale per le riunioni dei Governatori e dei capi famiglia, oggi adibita a sala della filarmonica. Intorno al 1679 in paese vi erano due botteghe di fabbro, una dove si lavorava il bulino e un legnaiolo. Tre quarti del territorio era coltivato a castagni e il rimanente a granella. I prodotti che si ricavavano erano il grado, la biada, le castagne e persino olio e vino, mentre si producevano 200 libbre di bozzoli derivanti dalla coltivazione del baco da seta. Aumentò anche la produzione zootecnica, essendo saliti gli allevamenti a 860 pecore, 664 capre e 200 vacche. A metà del XVIII° secolo, al fine di garantire l'autosufficienza alimentare delle famiglie, i governatori del comunello imposero ai proprietari di coltivare una parte dei loro terreni a orto, lasciando facoltà di scelta per la qualità di ortaggi e il luogo di semina. Nella lecceta comunale le ghiande servivano per l'alimentazione dei suini. Quando nel 1771 venne presentato il progetto per la costruzione della via che dalla Marina doveva condurre a Pontestazzemese, gli abitanti di Farnocchia contribuirono con 35 lire. Nel 1776, in seguito alla riforma amministrativa del Granduca Pietro Leopoldo I, il comunello di Farnocchia passo a far parte del comune di Stazzema.
Nel 1820 molte famiglie lavoravano nella fabbricazione delle canne da fucile e da scoppio, di acciarini per armi da fuoco e anche di forbici e temperini. Nel 1850 venne fondata la Filarmonica di Santa Cecilia da Giuseppe Razzuoli, che ne affidò la direzione a Roberto Cipriani. I primi scavi archeologici a Farnocchia vennero compiuti nel 1867 dal professor Regnoli. In un censimento del 1881 Farnocchia risultò il centro più popoloso dello stazzemese con 1006 residenti abiutali, seguita nell'ordine da Terrinca, Levigliani, Stazzema e Retignano che avevano tutte oltre 500 abitanti. Nel 1928 le miniere erano gestite dalla Società Toscana Industrie Minerarie Affini (Stima) con sede a Firenze. Purtroppo, come altri paesi dell'Alta Versilia, anche Farnocchia subì i tragici eventi della Seconda Guerra Mondiale. Il 31 luglio del 1944 una squadra di soldati tedeschi arrivò in paese e diede l'ordine di evacuarlo immediatamente. Fallito il tentativo del parroco Don Innocenzo Lazzeri (ucciso nella strage di Sant'Anna e successivamente insignito della medaglia d'oro al valor militare) di prendere tempo per dare possibilità alle famiglie di Farnocchia di portarsi dietro l'indispensabile, il paese divenne in breve deserto. Ma queste erano le condizioni ideali per un attacco a sorpresa: la seconda compagnia del X° bis Brigata Garibaldi “Gino Lombardi” guidata da Giancarlo Taddei detto “Beppe” che era in zona e che aveva seguito gli ultimi eventi intervenne con decisione. Dei 13 soldati saliti a Farnocchia 6 furono uccisi e gli altri rientrarono a valle con ferite più o meno gravi sottraendosi al peggio rotolandosi giu dalla montagna. Prevedendo le azioni del nemico e trovandosi nell'ideale condizione di poter combattere in un paese sgombro da civili i partigiani invece di ripiegare decisero di mantenere la posizione. La mattina successiva successiva salirono verso Farnocchia altri reparti tedeschi, in totale circa sessanta soldati. I Partigiani lasciarono avvicinare i tedeschi, poi attaccarono. I soldati si videro costretti a ritirarsi dopo tre ore di una battaglia che per loro fu completamente infruttuosa e con un numero imprecisato di morti e feriti, ma la sconfitta fu particolarmente pesante anche perchè lungo la strada della ritirata incontrarono altri appostamenti dei partigiani che li costrinsero ad abbandonare armi pesanti munizioni. I tedeschi però ebbero la loro rivincita sette giorni più tardi. Decisi a non far passar impunito il doppio scacco l'8 agosto salirono di nuovo perso Farnocchia convinti che non vi fossero più partigiani e di poter finalmente distruggere il paese. In realtà Farnocchia era ancora presidiata da una piccola squadra partigiana della III° compagnia col compito di proteggere da quel lato della montagna il resto dei compagni che erano impegnati poco lontano, la battaglia fu lunga e cruenta: la squadra partigiana venne annientata e il paese dato alle fiamme. Alla fine della guerra iniziò la ricostruzione del paese, resa certamente disagevole dalla mancanza di un collegamento stradale con il fondovalle: Farnocchia infatti si poteva raggiungere soltanto tramite una tortuosa e ripida mulattiera. Finalmente negli anni '50 venne progettata una strada asfaltata di collegamento tra Le Mulina e Farnocchia, che venne poi definitivamente realizzata negli anni '60.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
- VV. Abitare la memoria: Turismo in Alta Versilia, Comunità Montana Alta Versilia, 2007.
- Giannelli, Giorgio Almanacco Versiliese, Edizioni Versilia Oggi, 2001-2010, voll. 1, 2 e 4 (vedi voci “Chiese e oratori”, “Farnocchia”, “San Michele Arcangelo di Farnocchia”).