STAZZEMA. Si svolgerà al Palazzo della cultura di Cardoso, sabato 17 maggio alle ore 10:00, la prima conferenza organizzata dall’amministrazione comunale di Stazzema in merito all’immenso patrimonio storico culturale delle incisioni rupestri. Si stima ci siano migliaia di glifi incisi sui massi e sulle rocce dell’Alta Versilia, un enorme patrimonio archeologico, storico e culturale ancora da scoprire. La conferenza sarà quindi una prima occasione per porre le basi di una ricerca più ampia volta a valorizzare e tutelare queste ricche e preziose tracce del passato dell’essere umano. Un momento divulgativo e al tempo stesso l’inizio di un approccio scientifico aggiornato allo studio del fenomeno incisorio, sia nella catalogazione con l’uso di scanner 3D, che nello studio e nell’ interpretazione con la promozione di convegni ad hoc con studiosi del settore, oltre che iniziative sul territorio volte a coinvolgere la cittadinanza. Interverranno l’assessora alla cultura Anna Guidi, Anna Maria Tosatti già funzionaria della Soprintendenza della Toscana, e Deborah Giannessi presidente ArcheoVersilia e da due anni direttrice di un progetto in Concessione Ministeriale in collaborazione con la Sabap di Lucca per la catalogazione dell’arte rupestre in relazione allo studio degli antichi insediamenti, agli assi viari e alle risorse minerarie sia nell’ area di Cardoso che a Valdicastello.
«Il nostro patrimonio culturale – spiega l’assessore Anna Guidi – è variegato ricco e complesso. Fra i beni più significativi ci sono i petroglifi che interessano tutto il territorio e in particolare la valle di Cardoso per le incisioni relative ai pennati. Onde evitare che accada come per le marginette votive, un’altra peculiarità della Versilia Storica, è necessario promuovere azioni che mirino alla conoscenza e parallelamente alla conservazione. Riguardo alle immagini votive conservate nelle marginette è accaduto che siano state asportate a rubate via via che se ne diffondeva la catalogazione. Per difendere i petroglifi e nello stesso tempo farli conoscere ritengo essenziale promuovere la conoscenza contemporaneamente a quella delle regole relative agli scavi archeologici che procedono sempre con estrema scientificità e attenzione». Il progetto relativo all’arte rupestre nel Comune di Stazzema è strettamente collegato con le dinamiche insediative antiche nella valle di Valdicastello, infatti le due aree confinanti sono state abitate nell’ antichità nei medesimi periodi, come dimostrano i rinvenimenti archeologici dalla preistoria fino all’epoca romana. Le risorse minerarie, di cui sia lo Stazzemese che Valdicastello sono particolarmente ricche, hanno determinato un interesse dell’uomo per queste aree fin da epoche remote. Inoltre la particolare posizione geografica, il facile accesso da Valdicastello alla costa e contatto verso l’hinterland montano ne costituisce probabilmente l’asse di comunicazione verso le regioni interne della Garfagnana, ed oltre come la Pianura Padana all’interno di network nord Europei. Queste aree che oggi possono sembrare periferiche erano nell’ antichità zone di controllo e contatti a lunga distanza, le cui dinamiche di sviluppo sono ancora tutte da scoprire. L’arte rupestre si inserisce proprio in questo panorama di frequentazione umana.
«Quando si studia un territorio sotto questo profilo, esiste un approccio ben specifico – spiega l’archeologa Deborah Giannessi – che deve essere seguito, che riguarda l’aspetto scientifico di studio e interpretazione finalizzato alla ricostruzione storica, e che deve promuovere la tutela di ciò che il ricercatore trova sul campo. Perché stiamo parlando di beni che non appartengono unicamente al territorio o a chi li scopre, ma appartengono a noi tutti come umanità e in particolare in Italia allo Stato italiano. Le Alpi Apuane rappresentano una nicchia ambientale particolare e rara che anche per la particolare conformazione geologica ha favorito lo sviluppo nel corso dei millenni di migliaia di incisioni rupestri. I primi ad individuarle sono stati i coniugi Citton, una ventina di anni fa, affiancati ben presto da Anna Maria Tosatti della Soprintendenza Archeologica della Toscana, che da allora si è occupata dell’arte rupestre delle Apuane organizzando 3 convegni nazionali e focalizzando i suoi studi sul fenomeno incisorio della nostra zona. Due anni fa poi, ho ottenuto l’autorizzazione dal Ministero dei beni culturali per un progetto in collaborazione con la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Lucca, nella fattispecie la funzionaria responsabile Giulia Picchi, di svolgere un lavoro di ricerca nella zona di Cardoso. Ci siamo resi conto che il patrimonio archeologico è grandissimo e ha bisogno di essere sviluppato con studi scientifici mirati e di ampio respiro, poiché ad oggi sappiamo pochissimo di tutta questa documentazione archeologica. Così è nato questo evento che è teso anche a tutelare questo patrimonio storico archeologico, facendo informazione, dai gruppi di persone appassionate di archeologia che cercano queste incisioni rupestri e vi intervengono pulendoli o scavandoli non conoscendo le metodologie di approccio scientifico di fronte a questi beni. Intervenire senza avere la professionalità sulla materia significa distruggere molte informazioni, un danno irrimediabile per la Comunità tutta».